domenica 15 dicembre 2013

Per dieci minuti: con Chiara Gamberale fuori dalla comfort zone


 

Sapete cos’è la “zona di comfort”? E’ il luogo virtuale (ma spesso anche fisicamente reale) che ci fa stare bene, che ci fa sentire al sicuro e protetti, dove tutto procede come deve procedere, senza intoppi, senza imprevisti o seccature. Siamo nella zona di comfort quando facciamo sempre la stessa strada per andare al lavoro, frequentiamo le stesse persone e non abbiamo alcuna voglia di conoscerne di nuove, ripetiamo gli stessi gesti tutti i giorni alla stessa ora da anni, torniamo nello stesso posto delle vacanze, facciamo acquisti negli stessi negozi, mettiamo sempre gli stessi vestiti abbinati precisamente nello stesso modo. E’ la zona del già visto, del già detto, del già fatto. Della creatività zero. Della fantasia ai minimi termini. Dell’avventura “anche no, grazie”. Dell’esperimento negato. Siamo esseri naturalmente restii al cambiamento, votati al conservatorismo, all’immutabilità delle cose. Poi arriva un giorno, per tutti, in cui la vita ti sbatte fuori dalla zona di comfort a pedate nel di dietro. Può succedere di perdere il lavoro. Può capitare che un matrimonio salti per aria. Può accadere di dover cambiare casa. Oppure possono avvenire tutte queste tre cose insieme, come succede a Chiara G., la protagonista dell’ultimo libro di Chiara Gamberale, la sua alter ego. La prima reazione quando veniamo fatti accomodare forzatamente fuori dalla nostra “tana”, è quella di volerci rientrare con tutte le nostre forze. Il primo sentimento è la sofferenza: rimpiangiamo il passato, facciamo il confronto fra il prima (lo stato desiderabile) e l’ora (lo stato detestabile) e ci sentiamo terribilmente sfortunati. Invece di allargare le braccia al cambiamento, gli giriamo le spalle: noi nell’immobilità stiamo benissimo, perché non può essere tutto come prima? Chiara prova invece ad affrontare l’uragano che si è abbattuto sulla sua esistenza, uscendo ogni giorno, volontariamente, fuori dalla zona di comfort, per dieci minuti. Facendo tutti i giorni, per un mese, una cosa nuova per almeno 600 secondi cronometrati: piccola, come mettersi uno smalto dal colore improbabile; insensata, come camminare all’indietro per le vie di Roma; impegnativa, come accogliere una persona nella propria quotidianità; profonda, come chiedere a propria madre come stia, ascoltando davvero la risposta; divertente, come ballare l’hip-hop. E al termine di ciascuno dei pacchetti di dieci minuti, Chiara emerge un po’ diversa dalla Chiara del giorno prima, dalla Chiara dei dieci minuti del giorno prima. I blocchi si sciolgono, le paure svaniscono, le risposte emergono dalle paludi della mente, fino all’happy end finale che non ti aspetti, ma che a pensarci è perfetto per la nuova Chiara e ti riempie di fiducioso ottimismo. E’ un libro sincero, gustoso, molto divertente e questo è il periodo perfetto per leggerlo, perché il gioco dei dieci minuti comincia il 3 dicembre e termina il 3 gennaio, in una sorta di fusione fra calendario dell’avvento letterario e conto alla rovescia mentre l’anno rotola via. E poi ti lascia addosso una gran voglia di provare a giocare anche tu, di cimentarti nei tuoi micro tuffi fuori dalla zona di comfort e vedere cosa succede.  

domenica 8 dicembre 2013

Oriana: una donna (raccontata con amore)



Il titolo del libro è perfetto. Nessun’altra parola avrebbe potuto sintetizzare con altrettanta efficacia la persona che fu Oriana Fallaci. Nessun aggettivo avrebbe potuto esservi accostato. Una donna. Punto. L’autrice della biografia si chiama Cristina De Stefano. Immagino la grande fatica, l’impegno, la ricerca che queste pagine debbono esserle costate. Perché raccontare Oriana Fallaci è difficilissimo nonché molto pericoloso. Io non mi azzarderò a farlo. Finirei per scivolare nell’encomio solenne, nella santificazione tardiva e un po’ anche nel ridicolo. Cose che invece non riguardano l’autrice del testo. Nei ringraziamenti finali, Cristina De Stefano sostiene di non avere molti tratti in comune con Oriana. Prendo per vere le sue parole, ma di certo la diversità non le ha impedito di provare per lei un affetto profondo. Ovunque, fra le pagine, si respira il suo amore per Oriana. Me lo immagino crescere a poco a poco, fra la rilettura dei suoi libri o la scoperta dei suoi appunti o il racconto di chi l’ha conosciuta. Un affetto che si fa più grande là dove Oriana si fa piccola, fragile, indifesa o incanalata verso l’errore. Quando si va ad impelagare in storie d’amore senza speranza. Quando soffre per la perduta maternità. Quando litiga furiosamente per un nonnulla. Quando è la peggiore nemica di se stessa. Quando è, appunto, una donna. Questa biografia ha due grandi pregi. Il primo è quello di restituirci un ritratto completo di Oriana. Di solito, quando si legge qualcosa su di lei, manca sempre un pezzo. Qui al contrario ci sono le mille donne che Oriana ha saputo racchiudere in sé: staffetta della Resistenza, figlia, sorella, giornalista, inviata di guerra, scrittrice, intervistatrice, donna innamorata, mamma interrotta, amica, viaggiatrice. L’altro grande merito che questo volume ha, è quello di ripercorrere tutta la bibliografia di Oriana. Leggendo queste pagine, comprendi che non puoi capire i libri di Oriana Fallaci se li sganci dalle sue vicende personali, perché dalla sua vita nascono e maturano. Non c’è una sola riga scritta da Oriana che non sia stata ispirata da Oriana stessa, dalle sue incredibili esperienze: un giro del mondo alla scoperta della condizione femminile, la frequentazione con i divi di Hollywood prima e gli astronauti in rotta verso la luna poi, i fronti di guerra che la vedono in prima linea come un soldato, le interviste con i potenti della terra, la sua vita privata segnata da grandi dolori. Ecco perché trovo che leggere la storia di Oriana sia fondamentale per avvicinarsi o tornare ai suoi testi: ce li dischiude, ci dà chiavi di interpretazione nuove, ce li fa rivivere con uno sguardo diverso e più profondo. Da ultimo, nel libro troverete un inserto di una ventina di foto, piacevolissimo da sfogliare e davvero emozionante. Oriana Fallaci era molto bella, con i suoi sguardi obliqui e intensi, con i sorrisi che la illuminavano tutta. Una donna di una bellezza totale, fuori e dentro, che questa biografia ricompone con rispetto e delicatezza, come un omaggio dovuto a lei, che in vita fu molto stimata, assai criticata, forse invidiata, ma molto poco amata e capita.

lunedì 2 dicembre 2013

Cose incomprensibili: digressione sui talent e le resse natalizie


 
Nel paese dove il talento è una delle ultime cose grazie alle quali spunti un lavoro, il talent show, invece, va alla grande. Sai cantare, fare una torta, muoverti sulle punte (o credi di saperlo fare)? C’è di sicuro una giuria di gente famosa (e non necessariamente “talentuosa”, ché altrimenti invece di stare lì a guardarti avrebbero di meglio da fare…) che aspetta di portare alla luce l’artista che sonnecchia in te.
Dopo anni di cantanti, ballerini e artisti circensi, è la volta (finalmente) degli aspiranti scrittori. Come mai non ci avevate pensato prima, cari autori di format? Pensavate forse che gli italiani fossero un popolo di ignorantoni, cui bastassero le canzonette e una nuova ricetta per gli spaghetti?
 
Giammai! Gli Italiani scrivono. Non leggono o leggono pochino, ma scrivono: tutti. Il famoso “romanzo nel cassetto” non è una leggenda metropolitana, esiste, solo che adesso si è trasferito nell’hardisk del portatile e grazie all’auto pubblicazione è anche abbastanza semplice portarlo alla ribalta, senza aspettare che siano i posteri a scoprirlo.
Quindi adesso ci sono 100.000 copie in cerca di un autore. E’ questo il premio che attende il vincitore del talent “Masterpiece”, l’agognata pubblicazione con una blasonata casa editrice.
 
La cosa più buffa di questo talent – che detto per inciso è anche piuttosto guardabile e con spunti interessanti- è la collocazione. Lo hanno piazzato su RaiTre, la rete della roba culturale. Ma siccome o non ci credevano fino in fondo o pensavano che il pubblico potenziale fosse fatto di nottambuli sfigati che non hanno né di meglio da fare la domenica sera né un lavoro per cui alzarsi il lunedì mattina, lo hanno schiaffato in seconda serata. Bah!

 
Un’altra cosa che non mi spiego è la ressa nelle librerie nel periodo natalizio. Tutti a regalare libri: alla mamma che al più sfoglia il libro di ricette, alla sorella che avrebbe gradito uno smalto, al fidanzato che gioca tutto il tempo con il tablet, al papà che preferisce la partita in TV.
Nobile scopo quello di donare un libro, ma un libro lasciato a raccogliere polvere su uno scaffale o utilizzato come oggetto di arredamento, è la cosa più triste che esista. Il libro ne soffre, si intristisce, diventa giallo e brutto. E’ come un cucciolo non voluto. Quindi, per favore, non regalate libri se non siete più che certi che chi lo riceve lo amerà e si perderà fra quelle pagine. Non regalate l’ultimo successo di chiccessia, se non avete mai letto una riga di quell’autore, se non avete la più pallida idea di cosa ci sia oltre quella bellissima copertina, anche se ha una fascetta con dichiarazioni entusiaste della milionesima ristampa; anzi, soprattutto se ha una fascetta.

Regalate un libro a chi possiede una tessera della biblioteca, a chi vi parla dei suoi autori preferiti con gli occhi illuminati, a chi ha il comodino inondato di volumi e una serie di arretrati da smaltire, a chi nel libro cerca compagnia, domande o affermazioni, vie di fuga dalla realtà. Per tutti gli altri, lasciate perdere. E lo dico da amante dei libri, che ne regala pochissimi, solo a persone accuratamente scelte e con un'unica eccezione: i bambini.



A loro i libri vanno sempre regalati: anche se giocano solo con il nintendo DS, si fanno srotorale il cervello dalla Tv e hanno i neuroni imbevuti dalla pubblicità. Proprio a loro i libri vanno donati, proposti, offerti, non come alternativa ai giocattoli ma come bellissimi giochi essi stessi.


Se c’è una speranza per il futuro dei libri, se vogliamo che il vincitore del talent di cui sopra abbia non solo 100.000 copie, ma anche e soprattutto 100.000 lettori, sotto l’albero dei bimbi DOBBIAMO assolutamente far spuntare dei libri.