sabato 5 luglio 2014

Quattro etti d'amore, grazie: la trappola del confronto



Questo libro è vivamente consigliato a tutti quelli che hanno fatto del confronto le fondamenta su cui costruire la propria infelicità.
Ci sono due donne che non si conoscono e che si chiamano Erica e Tea. Fanno la spesa nello stesso supermercato e finisce che si spiano i rispettivi carrelli, come se le scelte alimentari parlassero per loro. C'è un fondo di verità: i carrelli della spesa sono un po' lo specchio delle nostre vite. Solo che il lavoro di fantasia di Erica e Tea ha dell’incredibile: se una compra uova e farina, è per farci le crostate, quindi è una mamma premurosa. Peccato che preferisca chattare con un quasi estraneo invece di dialogare con la sua famiglia, ma questo il carrello non lo dice. Se l'altra acquista candele profumate, di sicuro serviranno ad illuminare una serata romantica e passionale. Peccato che il marito ronfi sul divano e nessuna candela profumata ne risveglierà i sensi assopiti, ma anche su questo dettaglio il carrello tace. 
Chissà se uno dei segreti della felicità non sia racchiuso in questo intrecciarsi di assurde fantasie che percorre tutto il romanzo: smetterla una volta per tutte di guardare il carrello altrui, le cose che non hai e qualcun altro sì, e provare ad essere contenta, semplicemente, delle cose che restano

domenica 29 giugno 2014

Un giorno di gloria per Miss Pettigrew: non lasciarti sfuggire la tua chance




Immaginatevi seduti al tavolo di un ristorantino vista mare. Avete ordinato un piatto di frittura mista, scelta ghiotta, ma il caldo non ve la fa apprezzare come meriterebbe. Cosa c’entra questa immagine con il libro di Winifred Watson? Ora lo capirete. Aggiungete un pergolato coperto di gelsomini, una brezza leggera che vi scompigli un po’ i capelli, un bicchiere di vino bianco frizzantino. Non vi sentite già meglio? Non avvertite un po’ di refrigerio? Ecco, queste duecento deliziose pagine piene di ritmo vi daranno la stessa esatta sensazione, sebbene ambientate in un’umida Londra novembrina.

Abbiamo tutti nel cuore dei libri meravigliosamente densi. Ma ogni tanto c’è bisogno anche di libri come “Un giorno di gloria per Miss Pettigrew”. Libri che ti fanno tirare il fiato. Libri che ti strappano un sorriso. Libri di una deliziosa leggerezza, ma ben scritti e ben congegnati.

Questo piccolo gioiello snocciola la giornata di una qualunque, anonima istitutrice. Parte da un equivoco e si chiude con l’happy end che ti aspetti. Nel mezzo, c’è un andare e venire di giovanotti, un’attrice di belle speranze, un’imprenditrice sofisticata, i riti della vestizione, un po' di frivolezze, una festa movimentata e molti pasticci che si risolvono. Miss Pettigrew, insicura di sé, repressa da un’educazione iper morigerata, struccata, spettinata, fuori moda e ridotta al lumicino, si ritrova per sbaglio nel bel mondo festaiolo della Londra anni trenta e riceve dalla vita la sua grande occasione: quella della rinascita, della trasformazione, della crescita interiore, dell’abbandono delle remore, dei timori infondati e delle insicurezze.

Quante di noi non si sono mai sentite delle Miss Pettigrew? Donne messe ad osservare la vita da spettatrici, perché le cose belle, scoppiettanti e divertenti capitano sempre nella casa accanto? Ebbene, sappiate che potreste trovarvi a bussare alla porta di quella casa, come Miss Pettigrew in apertura di romanzo. La vita potrebbe servirvi su un piatto d’argento l’occasione di cambiare, di svoltare l’angolo, di dare una sterzata ed acchiappare i sogni. Sapreste farlo? O chiudereste la porta, fuggireste lontano, avreste troppa paura della felicità? Miss Pettigrew è rimasta e ha colto la sua chance. Leggete il libro e poi fate altrettanto.

domenica 5 gennaio 2014

Una madre lo sa: luci ed ombre dell'amore perfetto





“Cosa sia una “buona madre” lo decidono gli altri. Il coro. Lo sguardo che approva e che rimprovera. Quelli che sanno sempre cosa si fa e cosa no. Cosa è giusto, saggio, utile. Quelli che dicono “è la natura, è così”: devi avere pazienza, assecondare i ritmi, provare tenerezza, dedicarti. Se ti senti affondare è perché sei inadeguata. Se soffochi è perché non hai gli strumenti della maturità. Se i figli non vengono devi rassegnarti, non accanirti, non insistere: si vede che non eri fatta per essere madre. Se non ne hai voluti devi avere in fondo qualcosa che non va. Se non hai nessuno vicino che voglia farne con te è perché non l’hai trovato, sei stata troppo esigente, forse troppo inquieta. Se preferisci il lavoro allora cosa pretendi. Se non ci sei mai che ne sarà di tuo figlio, se gli stai sempre addosso come potrà rendersi autonomo. Se ti stanca sei depressa. Se ti fa impazzire sei un mostro. (…) Se la maternità non ti invade naturalmente e spontaneamente come un raggio di luce, se non ti cambia i connotati rendendoti nutrice solare, improvvisamente dedita e paziente: ecco allora è chiaro che non hai l’istinto giusto. Sei inadatta, sei contro natura. Colpevole a pensarci bene. Una cattiva madre.”
Questo è il regalo perfetto se la vostra migliore amica è incinta. Lasciate perdere i pagliaccetti tenerosi, l’inutile colonia dopo bagno e i giochi educativi che nessun neonato si fila e donatele questo libro: sono certa che, dopo averlo letto, ve ne sarà profondamente grata. Meglio ancora: volete fare un regalo a voi stesse, mamme presenti, future o passate? Studiatevi queste 22 storie di Concita De Gregorio e poi fatevi una bella risata ogni volta che passano le pubblicità del Kinder fetta al latte e compagnia bella.

La maternità è forse il tema dove c’è più scollamento fra il sentire privato e quello collettivo. Esiste una sorta di decalogo non scritto di cosa sia una buona madre. Di quello che pensa, dice, fa; delle sue scelte quotidiane, fosse anche la merendina delle cinque; dei suoi comportamenti, perfino quelli minimi. Ci si mettono tutti: la pubblicità, le altre mamme (la tua, la suocera, le amiche, le sconosciute), i pediatri, perfino l’Organizzazione Mondiale della Sanità che con la campagna dell’allattamento al seno è capace di farti sentire in colpa se non riesci ad allattare fino ai canonici 6 mesi. Questo è giusto, questo no. Questo è normale, questo no. Se la pensi così, sei sbagliata. Se fai cosà, sei ok.


Questo libro, invece, ti fa far pace con la tua testa. Ti disintegra i sensi di colpa. Ti dice quello che nessuno osa dire. Per esempio, che esistono i bambini insopportabili: diffidate di chi dice “amo i bambini”. Non puoi amare tutti i bambini, come non puoi amare tutti gli adulti. I bambini sono persone e come le altre persone, alcuni sono detestabili.
Ti dice che esiste il figlio preferito. Nessuna madre lo confesserebbe mai pubblicamente. Tu qualche volta, da figlia, il sospetto lo hai avuto, ma ti hanno subito smentito, ma che sei matta? Eppure è così, è normale, è umano propendere per una persona piuttosto che per un’altra.


Ti dice che i bambini sono crudeli, che sanno essere cattivi, sanno accanirsi con i più deboli, con i più indifesi, sanno dire parole che feriscono.Ti dice che se leggi Pollicino o altre fiabe, ci trovi dentro cose tremende. Figli abbandonati, figli uccisi. Se ne parla perfino la tradizione popolare, ci sarà un motivo. Il motivo è che i figli sono anche pesanti, anche faticosi. Ninna nanna, ninna oh, questo figlio a chi lo do? Figli da dare via, da allontanare. Allora realizzi che i mostri in prima pagina sono sempre esistiti.Ti dice perché le mamme italiane sono così diverse da quelle svedesi. Vuoi vedere che è tutta colpa di Pinocchio? O meglio, ancora una volta, di modelli educativi. Da noi, quello del bambino ubbidiente, sennò gli cresce il naso. Da loro, Pippi Calzelunghe, che è libera e felice.

Ti dice della solitudine che accomuna così tante madri: le single che volano verso le cliniche di Barcellona; quelle che arrivano a gesti estremi e disperati; quelle i cui figli sono spariti nel nulla e non hanno neppure una tomba su cui piangerli; quelle che non rinnegano il figlio malato, ma che confessano che sì, avrebbero abortito, se avessero saputo di dover fare tanta fatica, se avessero saputo che sarebbero state sempre sole (“Dove sono dopo le associazioni per la vita?”).Ti dice dell’ostetrica che ha fatto nascere centinaia di bambini ma non è mai diventata madre; di chi ha scelto l’adozione e cerca le parole per spiegare ad una bimba che ha già capito tutto (“La mia pancia era rotta e io soffrivo per questo. La tua mamma non poteva tenerti e tu soffrivi per quello. Abbiamo messo insieme i nostri dolori per provare a farne una felicità”); di neo mamme campionesse olimpiche in quattro e quattr’otto e di attrici bellissime cadute nel buco nero della depressione.
Insomma, è pur vero che di mamma ce n’è una sola, ma di modi di essere mamma ce n’è più d’uno. “Una madre è quella che ti è data, va bene com’è. Va bene anche una cattiva madre, forse. Di certo va bene una madre fuori norma, va bene una zia che fa da mamma, va bene un po’ di qualcosa, anche solo un pezzo. Va bene accogliere quel che succede, anche quello che non volevi e che non doveva succedere”.