domenica 13 marzo 2016

Suffragette: le donne che hanno lottato per noi donne


"Suffragette" è un film necessario. Lo è perché quando un diritto è talmente acquisito, talmente parte della nostra quotidianità, al punto da diventare trasparente, al punto da non essere più importante parlarne, allora quello è il momento per ricordarsi che non è sempre stato così. Che avere un'istruzione, non spaccarsi la schiena in fabbrica fin dall'infanzia, non essere sottopagate, essere riconosciute come esseri umani portatrici di diritti quali la proprietà, la tutela dei figli e non da ultimo il voto, fino ad un secolo fa nel Regno Unito non era neppure pensabile. In Italia nascere donna e non sentirne la sfortuna è stato possibile ancora dopo: solo nel 1946 abbiamo potuto mettere piede in un'urna. E ci sono paesi, come l'Arabia Saudita, che la fanno da padroni nell'economia mondiale, dove alle donne il diritto di voto è stato appena "promesso" nel 2015: potranno esercitarlo fra 4 anni, sempre che nel frattempo non si cambi idea. Ho letto in rete commenti di ogni tipo su questo film, dalle lodi a scendere. Personalmente l'ho trovato un film molto intenso, da brividi a tratti. Ho pensato che c'erano pochi uomini in sala, a parte un paio, ovviamente accompagnati. Mentre le donne, anche sole, o a gruppi di amiche, erano in larga maggioranza. E' come se avessimo bisogno di sentirci narrare la nostra storia, di capire da dove veniamo, di sapere cosa hanno fatto altre donne prima di noi, per noi. Questo film ci ricorda cosa significa non essere allineate agli schemi di una società incapace di cambiare se stessa e quanta fatica, quanti giorni di prigione, quanti scioperi della fame e nutrizioni forzate, quante percosse, quanti figli strappati, quante malattie e quante morti ci siano dietro i nostri ormai scontati diritti. "Suffragette" è una ricostruzione storica degli albori delle lotte femministe ma nel contempo anche un monito, perché molto è stato fatto ma altri traguardi sono da conquistare, anche nella nostra civilissima Italia. Quando avremo una reale parità salariale, reali possibilità di carriera, reale libertà di ricevere e dare un'educazione al di là di ogni stereotipo di genere, reale libertà di scrollarci di dosso le viscide mani di un capoufficio, solo quel giorno potremo considerare realmente chiusa la battaglia per la parità dei diritti.

lunedì 25 gennaio 2016

Di nuovo qui!

Non avere scritto una sola riga nel blog per un anno e mezzo, equivale a considerare questo spazio clinicamente morto? Secondo le regole dei blog, la risposta è sì. Un blog si costruisce su un calendario editoriale, vive di periodicità e del rapporto che cresce giorno dopo giorno con i suoi lettori. Quindi l'eclissi del blogger segna di fatto la fine della sua creatura. Ma io ho tutta un'altra idea di blog. Mi spiego meglio. Ci sono, secondo me, due categorie di blogger: i professionisti e i dilettanti. I primi scrivono tutti i giorni o quasi e sono animati non solo dalla passione, ma anche da quello che io chiamo "un ritorno": di immagine, di guadagno, di pubblicità. I secondi, e io rientro in questo nutrito gruppo, scrivono per il puro piacere di scrivere, perché il blog è uno spazio di libertà, è un modo per dare voce ai pensieri che ti frullano in testa, e, cosa non secondaria, è divertente. Quindi ho fatto pace con i miei sensi di colpa e mi sono detta che sì, potevo tornare a scrivere, che la blogosfera aveva fatto a meno di me per 18 mesi senza per questo cessare di esistere e che non avrei sconvolto proprio nessuno, né con la mia assenza né con il mio ritorno.

Ho fatto un pochino di restyling, un parolone per dire che ho ridisegnato l'intestazione del blog, creando un effetto scritta su lavagna, e mi sono data alcune piccole regole per uniformare l'aspetto dei post. Insomma qualche ritocchino, come quando per rinnovare la casa compri dei nuovi cuscini per il divano, tanto per rinfrescare l'ambiente, ma nella sostanza il posto è sempre quello. Questo per dire che questo blog continuerà a parlare di libri, il motivo per cui è venuto al mondo. 

Però è vero che in questi 18 mesi sono successe un po' di cose e visto che io sono cambiata, anche il blog cambierà un pochino, per assomigliarmi di più. Ci sarà un po' più spazio per parlare di ciò che sono e faccio e di qualche progetto in corso. Mi sono accorta che i libri troppo spesso sono stati uno schermo dietro cui nascondermi per evitare il faccia a faccia con la parte più vera di me. Non sono certa di riuscire a percorrere fino in fondo questa nuova strada, ma vorrei almeno provarci prima di abbassare una volta per tutte la saracinesca del blog. Quindi, che dire? Bentornata a me!