domenica 5 gennaio 2014

Una madre lo sa: luci ed ombre dell'amore perfetto





“Cosa sia una “buona madre” lo decidono gli altri. Il coro. Lo sguardo che approva e che rimprovera. Quelli che sanno sempre cosa si fa e cosa no. Cosa è giusto, saggio, utile. Quelli che dicono “è la natura, è così”: devi avere pazienza, assecondare i ritmi, provare tenerezza, dedicarti. Se ti senti affondare è perché sei inadeguata. Se soffochi è perché non hai gli strumenti della maturità. Se i figli non vengono devi rassegnarti, non accanirti, non insistere: si vede che non eri fatta per essere madre. Se non ne hai voluti devi avere in fondo qualcosa che non va. Se non hai nessuno vicino che voglia farne con te è perché non l’hai trovato, sei stata troppo esigente, forse troppo inquieta. Se preferisci il lavoro allora cosa pretendi. Se non ci sei mai che ne sarà di tuo figlio, se gli stai sempre addosso come potrà rendersi autonomo. Se ti stanca sei depressa. Se ti fa impazzire sei un mostro. (…) Se la maternità non ti invade naturalmente e spontaneamente come un raggio di luce, se non ti cambia i connotati rendendoti nutrice solare, improvvisamente dedita e paziente: ecco allora è chiaro che non hai l’istinto giusto. Sei inadatta, sei contro natura. Colpevole a pensarci bene. Una cattiva madre.”
Questo è il regalo perfetto se la vostra migliore amica è incinta. Lasciate perdere i pagliaccetti tenerosi, l’inutile colonia dopo bagno e i giochi educativi che nessun neonato si fila e donatele questo libro: sono certa che, dopo averlo letto, ve ne sarà profondamente grata. Meglio ancora: volete fare un regalo a voi stesse, mamme presenti, future o passate? Studiatevi queste 22 storie di Concita De Gregorio e poi fatevi una bella risata ogni volta che passano le pubblicità del Kinder fetta al latte e compagnia bella.

La maternità è forse il tema dove c’è più scollamento fra il sentire privato e quello collettivo. Esiste una sorta di decalogo non scritto di cosa sia una buona madre. Di quello che pensa, dice, fa; delle sue scelte quotidiane, fosse anche la merendina delle cinque; dei suoi comportamenti, perfino quelli minimi. Ci si mettono tutti: la pubblicità, le altre mamme (la tua, la suocera, le amiche, le sconosciute), i pediatri, perfino l’Organizzazione Mondiale della Sanità che con la campagna dell’allattamento al seno è capace di farti sentire in colpa se non riesci ad allattare fino ai canonici 6 mesi. Questo è giusto, questo no. Questo è normale, questo no. Se la pensi così, sei sbagliata. Se fai cosà, sei ok.


Questo libro, invece, ti fa far pace con la tua testa. Ti disintegra i sensi di colpa. Ti dice quello che nessuno osa dire. Per esempio, che esistono i bambini insopportabili: diffidate di chi dice “amo i bambini”. Non puoi amare tutti i bambini, come non puoi amare tutti gli adulti. I bambini sono persone e come le altre persone, alcuni sono detestabili.
Ti dice che esiste il figlio preferito. Nessuna madre lo confesserebbe mai pubblicamente. Tu qualche volta, da figlia, il sospetto lo hai avuto, ma ti hanno subito smentito, ma che sei matta? Eppure è così, è normale, è umano propendere per una persona piuttosto che per un’altra.


Ti dice che i bambini sono crudeli, che sanno essere cattivi, sanno accanirsi con i più deboli, con i più indifesi, sanno dire parole che feriscono.Ti dice che se leggi Pollicino o altre fiabe, ci trovi dentro cose tremende. Figli abbandonati, figli uccisi. Se ne parla perfino la tradizione popolare, ci sarà un motivo. Il motivo è che i figli sono anche pesanti, anche faticosi. Ninna nanna, ninna oh, questo figlio a chi lo do? Figli da dare via, da allontanare. Allora realizzi che i mostri in prima pagina sono sempre esistiti.Ti dice perché le mamme italiane sono così diverse da quelle svedesi. Vuoi vedere che è tutta colpa di Pinocchio? O meglio, ancora una volta, di modelli educativi. Da noi, quello del bambino ubbidiente, sennò gli cresce il naso. Da loro, Pippi Calzelunghe, che è libera e felice.

Ti dice della solitudine che accomuna così tante madri: le single che volano verso le cliniche di Barcellona; quelle che arrivano a gesti estremi e disperati; quelle i cui figli sono spariti nel nulla e non hanno neppure una tomba su cui piangerli; quelle che non rinnegano il figlio malato, ma che confessano che sì, avrebbero abortito, se avessero saputo di dover fare tanta fatica, se avessero saputo che sarebbero state sempre sole (“Dove sono dopo le associazioni per la vita?”).Ti dice dell’ostetrica che ha fatto nascere centinaia di bambini ma non è mai diventata madre; di chi ha scelto l’adozione e cerca le parole per spiegare ad una bimba che ha già capito tutto (“La mia pancia era rotta e io soffrivo per questo. La tua mamma non poteva tenerti e tu soffrivi per quello. Abbiamo messo insieme i nostri dolori per provare a farne una felicità”); di neo mamme campionesse olimpiche in quattro e quattr’otto e di attrici bellissime cadute nel buco nero della depressione.
Insomma, è pur vero che di mamma ce n’è una sola, ma di modi di essere mamma ce n’è più d’uno. “Una madre è quella che ti è data, va bene com’è. Va bene anche una cattiva madre, forse. Di certo va bene una madre fuori norma, va bene una zia che fa da mamma, va bene un po’ di qualcosa, anche solo un pezzo. Va bene accogliere quel che succede, anche quello che non volevi e che non doveva succedere”.