"La
vita non è sempre un dono (...) Se siamo qui, ora, significa che in
qualche modo ci è stata data la possibilità di scegliere. Un altro
tipo di dono, sì. Per quanto assurdo possa sembrare, quello di una
morte senza agonia. Lasciare che nostro figlio si addormenti senza
aver visto altro che il mondo dentro di me."
Nel giorno della festa della mamma, il mio pensiero e la mia carezza sono per tutte le "mamme interrotte". Le mamme interrotte sono quelle che la realtà ha brutalmente strappato da un sogno; sono quelle che hanno dovuto fare una scelta e pagarne le conseguenze; sono quelle che tacciono, per non essere travolte dai giudizi della gente; sono quelle che questo libro, coraggiosamente, racconta.
I sogni di Pietro e Luce si infrangono al sesto mese di gravidanza, sul monitor di un ecografo, quando scoprono che il figlio che aspettano è gravemente malato. La scelta è dolorosissima. Pietro e Luce rinunciano al bambino. Quella che segue è la storia di una discesa nel buio più profondo e di una lenta, faticosissima risalita.
Vi
avverto: non è un libro facile. Leggetelo sapendo che farà male.
Leggetelo sapendo che, per accogliere questa storia, bisogna essere
pronti. Delle mamme interrotte, in Italia, non si può parlare. Le
avvolge un silenzio inquietante che molto dice sul nostro paese e
sulle sue leggi inzuppate di crudele moralità. C'è una difesa della
vita ad ogni costo, anche quando vita non è, non sarà mai, e se
fosse, sarebbe dolorosissima e solitaria, senza un'adeguata rete sociale di sostegno
ed assistenza. C'è l'esaltazione della sofferenza, del patimento,
dell'espiazione, come tanti Cristi in croce, che ci fa essere fra i
paesi con il più basso uso di anestesia epidurale e popolato di
obiettori che chiamano coscienza il loro giudicare senza appello.
Le
mamme interrotte hanno un solo modo per salvarsi dai giudizi crudeli
di chi ha avuto solo la fortuna di non esserci passato: mentire.
"L'ho perso", la grande bugia, la bugia che non necessita
di nessuna ulteriore spiegazione, che chiude la bocca degli altri ma
alimenta il silenzio, la colpa, la vergogna. Perché poi? Un figlio
non merita un martirio. Quel martirio la mamma interrotta preferisce
patirlo sulla propria pelle, ogni volta che pensando al suo angelo
scopre che la ferita non è mai perfettamente ricucita, ogni volta
che lo piange, che conta i mesi che avrebbe avuto, che si chiede come
possa mancarle tanto una persona mai conosciuta.
Nel giorno della festa della mamma, il mio pensiero e la
mia carezza sono per tutte le "mamme interrotte". Sono
anche per me.
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