"Anni e anni dopo la guerra, dopo i matrimoni, i figli, i divorzi, i libri, era venuto a Parigi con la moglie. Le aveva telefonato. Sono io. Lei l'aveva riconosciuto alla voce. (...) Era intimidito, aveva paura (...). Ma poi glielo aveva detto. Le aveva detto che era come prima, che l'amava ancora, che non avrebbe potuto mai smettere d'amarla, che l'avrebbe amata fino alla morte."Il tempo per leggere non basta mai. Capitano settimane così piene di impegni che gli amici libri restano placidamente adagiati sul comodino per giorni e questa è una cosa che proprio non sopporto. Ma da quando ho scoperto gli audiolibri, il tempo per la lettura si è straordinariamente dilatato. Dico la verità: non poter toccare la carta o sottolineare i passaggi più belli, è per me una limitazione. D’altra parte, il percorso casa-lavoro, tempo sprecato e spesso arrabbiato, compiuto con umore tendente al tetro, grazie agli audiolibri è diventato uno spazio tutto per me e le mie adorate scrittrici. Quindi 3 ore e 45 minuti inutilmente trascorsi in macchina, sono stati commutati nel piacevole ascolto de “L’amante” di Marguerite Duras.
La voce pacata di Licia Maglietta è stata un’eccellente compagna di viaggio. Il tono lievemente distaccato con cui ha dato vita alle pagine della Duras rendono secondo me molto bene quel senso di estraneità con cui l'autrice, pur scrivendo in chiave autobiografica, offre la sua storia al lettore, quasi come se non della propria vita ma di qualcun'altra stesse parlando.
La storia ci trasporta nell'Indocina Francese degli anni trenta. Il fulcro del romanzo è l’incontro fra Marguerite, studentessa quindicenne, e un giovane miliardario cinese, da cui ha inizio una relazione controversa, osteggiata dal padre di lui e appena tollerata dalla madre di lei, destinata a chiudersi a causa dei pregiudizi legati alla differenza d’età e di condizione sociale. Tutto intorno, in un alternarsi di salti temporali che spingono la narrazione avanti e indietro nel tempo, ruota la storia della famiglia della Duras, dell’adorato fratello più piccolo prematuramente scomparso (“Quel giorno è stata la fine.”), del meschino fratello maggiore che ruba ai familiari e dilapida patrimoni (“Non era un gangster, era un mascalzone casalingo… Viveva come vivono i mascalzoni, senza solidarietà, senza grandezza, nella paura…”), del rapporto conflittuale con la madre pur tuttavia profondamente amata (“…si andava per la campagna a vedere la notte della stagione asciutta. Ho avuto la fortuna di avere una simile madre, per quelle notti”). Ho trovato molto particolare lo stile asciutto e pulito della Duras, le frasi brevi e lapidarie, le immagini che si succedono come istantanee con un ritmo meravigliosamente lento. A chi consiglio il libro? A chi cerca una storia di vero amore ma assolutamente non convenzionale e sdolcinata e soprattutto alle figlie convinte di avere una famiglia tribolata e una madre imperfetta.